"La gente a tutto è disposta a rinunciare, fuorchè ai propri errori."

(Indro Montanelli)







giovedì 3 novembre 2011

RECENSIONE

MALINCONICAMENTE

“La verità è che ci sono persone, vai a capire com’è che succede, che hanno la capacità di beccarti nella tua versione più insulsa, di farti esprimere sempre al minimo delle tue possibilità. … Siamo fatti di banalità e d’intelligenza,e passiamo da una naturalezza all’altra con una costa.”

 “In altre parole, quando ti innamori diventi un qualunquista di merda. Peggio: un cafone arricchito, che appena fa un po’ di soldi scopre di apprezzare le cose che schifava quando non se le poteva permettere; e poi se ne va in giro a contrabbandarsi per un’anima sensibile, portata per il bello e l’immateriale.”

L’anno scorso in occasione del mio compleanno ho ricevuto in dono da una mia cara amica il libro di Diego De Silva “Non avevo capito niente”: al di là del titolo decisamente affascinante e dello stimolo immediato alla partecipazione emotiva con la sobria presa di coscienza dell’autore, la mia amica mi ha subito presentato il testo come un libro divertente, di facile  ed agevole lettura, ma anche ricco di ironia, sarcasmo e, cosa da non sottovalutare,capace di proporre un suo modo attento e condivisibile di leggere la vita. 

Quando mi capita di sentire un’arringa così intensa, però, che riguardi un libro o un uomo con cui andare a cena, non posso fare a meno di provare un immediato e sottile, quasi inconscio, senso di repulsione nei confronti dell’oggetto di lode: credo sia lo stesso procedimento esperienziale che mette in atto il cervello nel momento in cui gli si vieta di pensare qualcosa e allora, immediatamente, rivendicando un’anarchia umana primordiale, lo fa.

Misteri della mente. Ma, infondo, “la meccanica non mi interessa”.

Al di là di ogni pregiudizio, però, vuoi perché ero in una fase di pendolarismo frequente, vuoi perché quel titolo era apparso ai miei occhi troppo evocativo, quel libro ho iniziato subito a leggerlo. E’ stata una delle rare volte nelle quali le aspettative sono state largamente soddisfatte dalla realtà (perdonatemi un pizzico di pessimismo occasionale).

Delizioso quadretto, o meglio autoritratto, della vita di Vincenzo Malinconico, quarantenne retorico nella crisi che attraversa, ma cinicamente simpatico nel modo di comprenderla e raccontarla.

Avvocato dello spicciolo, democraticamente frustrato (quella frustrazione che ti nasce perché non ti piace quello che fai, o come lo fai, ma sai anche che il problema affonda le sue radici in un male sociale, dei “tempi moderni”; sai, quindi, bene che non ti è concessa neppure l’esclusiva sul malcontento e la delusione che provi). Un matrimonio fallito alle spalle, o quasi, due figli grandi con i quali coltivare un rapporto schietto quanto affettuoso.

Un uomo come tanti, un uomo come tutti.

Ma Vincenzo ha una marcia in più: ce l’ha da sempre, probabilmente, da quando il destino gli ha affibbiato un cognome in quel modo, addensando su di lui la nebulosa dell’equivoco, del buffo, dell’amaro. Come spesso accade, lui è proprio come il suo nome, malinconico, mentre affronta la vita a suon di ironia e sarcasmo, mentre revisiona il suo matrimonio e la sua separazione, mentre racconta dei suoi dubbi, dell’amore che forse finisce o forse no; è così anche quando cerca di parlare con suo figlio, quando cerca di capirlo nelle sue diversità, e persino quando manda a fanculo la figlia, stizzito per una battuta sui suoi fallimenti.

La sua malinconica ironia analizza la realtà della sua vita senza nessuna pietà, senza nessuno sconto al protagonista. La sua lucidità è la stessa che noi spesso (almeno io) non riusciamo ad avere, inteneriti dalla nostra vita, da noi stessi, incapaci di dirci, anche quando è necessario, ciò che diremmo tranquillamente a chiunque altro, anche (vale la pena ricordarlo) con un pizzico di soddisfazione. Perché riconoscere di aver infilato un errore dietro l’altro, di aver costruito palazzi, e addirittura grattacieli, su errori madornali è difficile, quasi impossibile prima che il crollo non metta fine ad ogni dubbio.

Ma Vincenzo lo fa e si tiene forte al suo cinismo, al decostruttivismo delle sue parole, della sua mente: scompone e parcellizza ogni momento della vita, ogni aspetto del problema, suo e degli altri.

Non si prende sul serio, si potrebbe dire; ma, in questo modo, è capace di dirsi come stanno veramente le cose e di ricominciare a costruire, distruggendo ogni cosa.  

Un modo di vivere parecchio interessante.

1 commento:

  1. Ottima recensione, che esprime bene il senso del libro e incuriosisce chi ancora non lo ha letto....nonostante la tua repulsione iniziale (!) sono contenta che ti sia piaciuto...
    Complimenti per il tuo splendido blog...uno spazio interessante finalmente!
    Adesso aspettiamo le tua foto...
    Marla

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