Non servono preamboli né note introduttive: appena qualche giorno fa si sono tenute in Israele
le finali di un concorso volto all’individuazione di Miss Olocausto. Ultrasettantenni da tutto il paese sono accorse per parteciparvi.
Perplessità.
Astuto ricatto etico e logico che ti lascia perplessa, incapace di dare un qualsiasi giudizio che, per lo meno sul momento, ti sembri adeguato.
Basta un istante per cadere nella retorica, nella “faciloneria”, nel pericoloso moralismo da bar dello sport. Un istante, un confine sottilissimo a dividere te da quello che la tua mente potrebbe o dovrebbe pensare.
Allora ti arrampichi all’empirico: cominci a guardare le foto di quelle belle vecchiette che hanno condiviso un’esperienza tra le più assurde che il mondo possa ricordare; che sono state tutte umiliate ed uccise, anche se sembrano ancora in vita.
Donne rinate, donne che hanno avuto soprattutto la forza di andare avanti, di respirare ancora, quando il solo pensare all’accaduto toglierebbe il respiro a chiunque. Donne che non hanno rinunciato alla bellezza, perché lo sanno, che solo questa potrà davvero salvare il mondo.
E allora quasi ti convinci.
Quasi.
Perché una donna che ha sofferto non dovrebbe avere il diritto alla frivolezza? Perché non può giocare, se ancora conosce il segreto del gioco?
Ma poi ti fermi e senti tutti gli argomenti affollarsi nella tua mente, tocchi la complessità senza vederla chiaramente.
Perché il diritto di ogni donna, come di ogni essere vivente, inteso come individuo singolo è fuori discussione.
E’ la categoria che lascia perplessi; è l’incapacità di non essere altro che una sopravvissuta, di presentarsi, per lo meno in quella sede, sempre e solo per quello che è stato subito.
E’ l’emancipazione mozzata.
Retorica da un lato e moralismo dall’altro.
In tutta onestà, non riesco a formulare un giudizio.
Non lo so se è stata una bella idea o soltanto una macabra reinterpretazione kitsch in chiave contemporanea di qualcosa che, invece, andrebbe maneggiato con molta più cura.
Non lo so.
Io, leggendo, il bello non l’ho incontrato, ma forse loro sì.