Oppure può capitare che siano dei posti come tanti altri, nati per uno scopo, scelti ed apprezzati, che rischiano, però, di violare la loro essenza. Qui ci si può perdere: di solito li scegliamo per vedere e non essere visti, per sentire il silenzio in mezzo al frastuono, per stare un po’ soli accanto ad altre mille persone. E’ proprio in posti come questi che sfugge la prospettiva, si perde il punto di vista ed, improvvisamente, tutto intorno a noi appare esattamente sullo stesso piano dell’orizzonte, alla stessa distanza, abbastanza vicino da non essere sfondo, ma abbastanza lontano da non essere soggetto.
UNA BOCCATA D’ARTE
L’autobus è appena passato, nell’attimo esatto in cui Anna inciampava nel guinzaglio del cagnolino che aspettava, accanto a lei e alla sua padrona, che il semaforo pedonale si illuminasse di verde. Un solo attimo di distrazione e…. ecco fatto! Un movimento sgraziato, un timido guaito spaventato, e il segnale acustico dell’autobus che segnala, tristemente, la chiusura delle porte. Ora Anna dovrà aspettare l’arrivo del prossimo e sperare di arrivare in tempo prima della chiusura della biglietteria. Da tempo, infatti, voleva vedere questa mostra e così il primo pomeriggio disponibile, eccola pronta per andare. Nell’attesa, seduta sulla banchina, approfitta per sfogliare la brochure e fermare nella mente tutte le informazioni utili per la fruizione delle opere. Già immersa in quella fantastica atmosfera sale sull’autobus fermo senza neppure badare alle altre persone, trova un posto a sedere e continua la sua lettura.
Che fortuna! E’ riuscita ad arrivare proprio nel momento migliore, quando la coda davanti alla biglietteria è quasi svanita ma poco prima che il museo non chiuda al pubblico. Un momento ottimo anche per vedere le opere in tutta calma. Oggi però, all’entrata nella prima sala, si accorge che c’è ancora molta gente intenta a scrutare, persino dei gruppi organizzati di turisti. Peccato! Sarebbe stato davvero bello poter godere di un po’ di calma, dopo una giornata piena di rumore.
In realtà Anna ancora non sa che a catturare la sua attenzione in questo tardo pomeriggio primaverile non saranno le notevoli opere esposte… Ecco infatti avvicinarsi un gruppo di persone di mezza età, vestiti in abiti sportivi, cappellini dello stesso colore, che parlottano l’uno con l’altro creando quasi un coro armonioso. A pochi passi da Anna si fermano tutti insieme e si voltano in attesa; pochi secondi e in quella piccola folla si apre un varco e ne esce una donnetta frenetica e spettinata, con il trucco un po’ sciolto intorno agli occhi: la guida. La donna, con passo sicuro e un po’ rumoroso, si dirige verso il quadro, si volta e, dopo aver rivolto un sorriso simulato ad Anna, inizia il suo resoconto. Ecco che la voce si fa più suadente e seducente quasi per convincere gli astanti del fascino suo e della tela, alla quale però volge con noncuranza le spalle. In qualche minuto riesce a mettere insieme dettagli autobiografici, rudimenti stilistici e persino annotazioni critiche comunemente condivise. Il gruppo rimane diviso tra coloro che si accalcano a ridosso del limite consentito, per sbirciare da vicino il fuoco dell’arte ed un gruppo più nutrito che si sistema con tranquillità più indietro; tutti però, a prescindere dalla distanza sfoggiano nelle loro mani una radiolina dalla quale esce appena disturbata la voce della donna e le sue narrazioni.
Anna pensa per un attimo di poter approfittare di quei racconti, di quelle informazioni gettate lì nella speranza di seminare, almeno in qualcuno, un briciolo di interesse che possa sopravvivere al viaggio di ritorno. Dopo pochi minuti però si scopre persa nell’osservazione dei volti, dei movimenti di quelle persone. Alcuni attentissimi ad ogni singola parola “proferita” dalla radiolina, quasi a riconoscere in essa l’essenza stessa dell’essere guida; altri che annuiscono e fissano la tela cogliendone l’aspetto più intimistico e cercando, in quelle pennellate, un contatto con i sentimenti che essi vogliono provare; altri ancora, annoiati indietreggiano ed aspettano il passaggio al prossimo quadro, che peraltro hanno già ampliamente sbirciato. La pennellata finale dell’affresco, però, arriva quando, per qualche mistero della tecnologia o chissà per quale altro motivo, quei piccoli trasmettitori, smettono di funzionare come si deve e iniziano a trasmettere la voce come alla radio quando si perde la frequenza giusta; un coro di grida scomposte e indignate si alza e tutti si voltano verso quella donna, chiedendole di ricominciare nel punto esatto nel quale la comunicazione si è interrotta, quasi non potessero perdere neppure una parola di quella spiegazione.
In mezzo a tutto questo baccano, Anna non si accorge che involontariamente sul suo viso è apparso un sorriso: pensa a quanto siano diverse le percezioni delle persone, a quanto diverse possano essere le impressioni, le sensazioni che una tela può comunicare; guarda quelle signore composte, attente che sembrano voler ascoltare ogni parola nell’attesa di un passaggio magico di sensazione da quella voce, verso i loro occhi, fino alla loro anima. Aggrappate alla radiolina ci sono tante persone che cercano qualcosa di più della loro quotidianità, persone che hanno capito che esiste un altro livello di piacere, di benessere che prescinde dal fare o dal non fare; hanno capito che il limite può passare proprio lungo la porta di quel museo. Anna capisce che anche qui le persone si cercano, in un modo diverso magari, ma si cercano, si attendono, si danno una possibilità; per questo sono qui. Mentre pensava queste cose incrocia lo sguardo di un bambino con i suoi occhi un po’ sperduti che perlustrano vigili tutto intorno. Poi quegli occhietti si alzano verso la tela, un solo attimo, ma intenso, una luce brilla, un guizzo di vita, di piacere immediato. Quello stesso piacere che si opacizza negli anni e nelle riflessioni, nelle discussioni, nella ricerca della parola giusta, del termine più idoneo, più caratterizzante, quel termine che possa chiarire, rendere intellegibile al mondo ciò che forse è già tutto contenuto in uno sguardo, in quel primitivo sguardo.
“Attenzione prego, si comunica che il museo è in chiusura, siete pregati di avvicinarvi all’uscita. Grazie.”
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