Willy passeggia sereno per viottoli polverosi e bianchi, tutti uguali, di tanto in tanto si ferma, sembra pensieroso, poi decide e si siede in un’aiuola verde, una delle tante che esistono grazie all’incrociarsi di quelle piccole vie. Aspetta Willy, ma nessuno saprebbe dire cosa. Forse ci piace pensare che aspetti, che nella sua mente di giovane cagnolino esista un progetto, magari più accurato del nostro, sul da farsi. E lui un progetto ce l’ha: sapientemente dosa le ore di esposizione al sole e il tempo dedicato al riposo, scodinzola all’arrivo di qualcuno, e si avvicina in cerca di coccole e di un cibo occasionale per passare anche questa giornata. Solo questo.
Abita qui, e la notte non ha paura.
Noi, invece, ci passiamo solo di giorno, solo con il sole, perché quando piove qui non c’è riparo e la tristezza prende il sopravvento; in alcuni periodi, però, ci passa un sacco di gente, in un via vai lento e silenzioso, e Willy si sente quasi violato nella sua casa, lui che ne è l’unico padrone, lui solo che l’ha scelta.
Ciò che lo ha attratto sin dall’inizio è il profumo leggero e acre dei fiori che appassiscono lenti ma che non smettono di colorare l’aria. L’ha scelto perché qui non esiste il tempo, non c’è più tempo, né fretta, né ritardo. Ogni giorno sarebbe esattamente uguale all’altro se non andassimo a trovarlo.
Se passate di mattina, ogni mattina, potrete trovarlo accoccolato vicino alla signora Maria, una signora d’altri tempi, lei che aveva visto una volta il duce e se ne era innamorata, che aveva sposato un partigiano valoroso e lo aveva aspettato, mentre distruggeva il suo sogno irreale. Lei che aveva dato alla luce tre figli maschi ma poi se ne era dimenticata, così come del marito e persino del suo caro duce. Cantava sempre quella canzone che parlava di un mazzolino di fiori, lei che di fiori ne aveva ricevuti pochi; ora non le mancavano più.
Il pomeriggio, poi, dopo un pranzo di fortuna e una passeggiata nei dintorni, Willy si siede silenzioso e fedele accanto a Lucia, una ragazza bella e sorridente. Ci va sempre dopo aver mangiato, quasi sapesse quanto lei non lo amasse il cibo; aveva fatto l’università, aveva studiato tanto e sapeva tutto, ma non aveva mai capito cos’è che la mordeva dentro e mangiava al suo posto la sua voglia di vivere. Aveva cresciuto due bambini, li aveva prima allattati e poi imboccati, e si era tanto vergognata per quel senso di nausea nel guardarli crescere. La sua di mamma l’aveva tanto amata, l’aveva riempita di sogni e futuro quasi fino a soffocarla, e una notte il fiato le era mancato davvero.
La notte, poi, il fedele cagnolino non cambia mai posto; vuole dormire sotto le carezze amorevoli della piccola Giulia. Lei che non ha nulla da raccontare, può solo ascoltare e sorridere con quegli occhietti chiusi. Non aveva mai visto il sole né la pioggia, solo la luce al neon di una camera sterile. Forse le aveva ricordato il blu dalla pancia della mamma, forse si sentiva davvero a casa, forse non aveva mai saputo come sarebbe dovuta andare; nessuno le aveva mai detto che la stavano aspettando, che il sole era anche per lei. Ed ora è qui, in un posto senza tempo, lei che di tempo non ne ha mai avuto, non lo ha mai contato. Ha lasciato tutti ad aspettare, e ancora sono qui, senza capire.
Se passate di qui potrete incontrare Willy ed i suoi amici, persi, per scelta o per necessità, in un universo parallelo che non riesce a staccarsi e rimane appeso al tempo solo per ciò che possiamo ancora toccare. Se passate di qui, non guardate l’orologio, non fatelo mai perché potrebbe nascere in voi quel senso di colpa di chi come noi esiste nel tempo e nello spazio e non può sottrarsene: non parlate di tempo con chi non ne ha avuto, a chi ne è stato privato, a chi non se ne cura più. Portate piuttosto dei fiori profumati, che tanto piacciono a Willy, e cercate il senso in quello che è stato, non in quello che sarebbe potuto essere.
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