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Non saprebbe dire come sia arrivato sin lì, non ricorda il momento della partenza…forse nuotando nel lago ha scoperto un fiumiciattolo e così è stato trasportato dalla corrente (è sempre stato un avventuriero, o perlomeno lo ha sempre pensato!). Ma poi? Come era finito quaggiù?
Del passaggio dal lago a qui ricorda solo alcune immagini confuse: c’è acqua trasparente, niente alghe, non sembra un lago, la superficie dell’acqua sembra da ogni parte, perché da ogni parte si vedono la luce, i colori, il mondo…sembrava di essere in un cerchio, in una palla d’acqua.
Poi in un attimo, una cascata…ed eccolo qui, in un posto indecifrabile, probabilmente molto lontano da casa, senza minacciosi mostri, senza ami provocatori…senza nessuno.
Se Trotsky dovesse descrivere questo suo nuovo habitat a qualcuno (supponendo che il destino lo avesse aiutato e gli avesse portato qualche pescetto con cui parlare!!!) direbbe subito che è un posto veramente strano: il silenzio qui regna per gran parte della giornata, quel silenzio talmente profondo che lo senti tutto intorno, che è materia e ti tocca se ti ci trovi dentro. La luce poi non è mai molto forte, sempre soffusa…come se il sole si fosse invecchiato e fosse tanto stanco. Ci sono però dei momenti in cui, come se il sole ringiovanisse, una gran luce arancione colpisce la superficie dell’acqua, una musica comincia a diffondersi nell’aria tutta intorno e una voce forte e perentoria inizia un lungo racconto…ed è proprio in momenti come questo che Trotsky vede tutte quelle persone avvicinarsi al suo “laghetto”, sospirare pensierose e con lo sguardo fisso verso il pavimento, sfiorare l’acqua per poi allontanarsi.
Trotsky se li ricordava bene gli insegnamenti del papà e, preso dalla paura di dimenticarseli, li ripeteva ogni mattina, come inizio di una nuova giornata. Sapeva di non potersi fidare mai delle carpe, degli ami e degli umani, e non voleva sbagliare! Ma ora era arrivato anche per lui il momento di diventare un pesce adulto…di cavarsela da solo; forse era stato proprio il papà a mandarlo in quel posto nuovo per vedere come se la sarebbe cavata da solo…Chissà!
Insomma, Trotsky ci aveva pensato e ripensato ma non riusciva a convincersi che quei signori che ogni tanto passavano di lì volessero fargli del male: non avevano ami, non avevano baffi come le carpe, e poi sembrava che volessero salutarlo con quel dito che sfiorava ogni volta l’acqua!
Quella mattina poi, c’era un’atmosfera talmente bella, un sole così limpido che finalmente riusciva a raggiungere obliquamente l’acqua e ne illuminava tutte le particelle…persino le squame di Trotsky sembravano più brillanti, più rosse! E poi quel vociare continuo ma discreto, quelle ombre che incessantemente si scorgevano dall’acqua e scappavano via; non c’era concitazione, ansia, nervosismo…tutto era armonioso, rassicurante!
Chissà che cosa stava per accadere? Chissà se Trotsky sarebbe mai riuscito a capirlo?
Infondo è lì tutto solo, senza uno straccio di pesciolino amico, senza una pinna contro la quale grattarsi…non ci sono neanche delle uova per poter sperare nell’arrivo di qualche nuovo amico!!!
Come vorrebbe tornare nel suo lago, poter stare ancora per un po’ sotto la calda pinna della mamma; affronterebbe e subirebbe anche gli sguardi delusi del suo papà pur di ritornare a casa, pur di non essere più solo…
Nel bel mezzo di tutta questa concitazione generale, però, proprio mentre Trotsky è assorto e catturato da tutti questi pensieri così tristi, ecco apparire oltre la superficie luminosa un faccione immenso, che copre tutto lo spazio non lasciando più scorgere lo sfondo. E’ la prima volta che qualcuno si avvicina così tanto all’acqua, è la prima volta che qualcuno, invece di immergere solo lievemente il polpastrello, sta evidentemente tentando di immergere tutto il viso…
Ecco ci siamo, pensa Trotsky, aveva ragione il papà, gli umani sono sempre cattivi e quel faccione è lì per dimostrarmelo. Ha sbagliato a credere nella bontà degli uomini, nel dimenticare quell’amo che costantemente pende sul capo di ogni pesce, nel pensare, proprio lui, di poter smentire l’esperienza di generazioni e generazioni di pesci!
Eccolo lì, il piccolo Trotsky davanti alla sua resa dei conti, stretto nelle pinne, appiccicato alla superficie laterale, spaventato e perciò ancora più piccolo, un pesciolino che forse non è ancora pronto per tutto questo…
“Ehi tu, che ci fai lì dentro? Dico a te pesciolino…mi senti?”
… … …? … … …!!! [PERICOLO-ALLARME ROSSO-ATTACCO UMANO FRONTALEEEEEEEEEE]
“Un pesciolino qua dentro, e chi se lo sarebbe mai aspettato…chissà come è arrivato sin qui! Che bello, ora lo dico alla mamma! -------------------------Anzi no, poi magari la mamma lo dice a Don Roberto e lo portano via! I grandi sembrano sempre così sicuri di ciò che è giusto e ciò che non lo è, basta esporre loro un problema ed eccoli subito con una risposta, anzi con la risposta adatta…a volte penso che prima di diventare grandi (però non so bene quando) ti facciano imparare a memoria un librone con tutte le risposte che dovrai dare nella vita, così da essere sempre preparato…Anche la mia mamma è proprio così, sicura di sé e di quello che dice; così mi sento al sicuro, mi sento al riparo dalla possibilità di fare la cosa sbagliata!------------------------------------
Anche se, in effetti, a volte non riesco bene a capire perché ciò che dice sia la cosa giusta: come quando si è infuriata perché ero diventato amico di un bambino del nostro quartiere…dice sempre che l’amicizia è importante, che i bambini devono stare insieme e poi?! “Quel bambino è un’eccezione!” aveva detto “non voglio che lo frequenti, né che vai a casa sua! E non si discute, chiaro?”
Eh già…alcune cose vanno spiegate e rispiegate [anche quando in realtà non sono mica tanto divertenti da ascoltare!!!] altre invece rimangono lì, intrappolate in un “non si discute”.-------------------
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La mamma non lo sa, ma a volte la guardo quando, mentre cucina, si ferma per un attimo, immobile, guarda un punto esatto tra le piastrelle e vedo formarsi, quasi impercettibile, quella piccola piegatura tra le sopracciglia; chissà cosa pensa in quei momenti, chissà quanto è distante dalla cucina, dalla padella che rosola sul fuoco, da me. Mi piace guardarla da lontano in quei momenti perché lo so che, per qualche istante, anche lei non è più tanto sicura…per un attimo si fa piccola piccola come me, e va alla scoperta di qualcosa di nuovo.
Mi piace guardarla perché in quel momento sono io ad essere sicuro, assolutamente certo che durerà solo pochi istanti, solo pochi attimi nei quali io non posso e non devo entrare; mi piace guardarla ed assaporare il tepore della ferma certezza che appena spunterò de quella porta, appena lascerò cadere qualcosa a terra, l’incantesimo si romperà e la mia mamma tornerà tranquilla a dispensare risposte e certezze a tutti noi.”
“Allora è deciso…questo pesciolino sarà un piccolo segreto! Sarà il mio piccolo segreto…anzi il nostro, non è vero piccolino? Infondo oggi è una giornata speciale, sono tutti impegnati e i bambini devono stare buoni e tranquilli…e allora perché disturbare i grandi per un semplice pesciolino? Chissà come ti chiami…come sei arrivato sin qui…chissà…”
Mentre dice così Andrea fissa quell’animaletto attaccato al fondo della “piccola piscina” e giocherella con il dito sfiorando la superficie dell’acqua. Tutti i grandi sono fuori intenti a mettere appunto gli ultimi dettagli della cerimonia, la signora dei fiori ha appena finito di posizionare le piccole composizioni sui banchi e il prete si affaccia ogni tanto per controllare come vanno le cose.
“TROTSKY[1]” una vocina titubante e preoccupata riemerge dalla superficie di quel piccolo stagno improvvisato, e poi ancora “TROTSKY”.
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[1] Per quanto riguarda l’etimologia del nome del nostro eroe, è necessario in questa sede ricordare l’origine orientale, ed in particolar modo siberiana, di questa particolare razza di pesce. Questo tipo di chiarificazione si rende necessaria a fronte delle possibili accuse di faziosità e parzialità mosse già in precedenza al nostro pesciolino (per altro “rosso” – la natura non lo ha aiutato di certo!).
Inoltre sembra utile specificare come il nonno del suddetto pesce, tale Igor Il, più noto in occidente come Lenny, sia immigrato nel nostro paese già in giovane età, risalendo le acque del Don e del Danubio prima, del Tevere poi; il pesce inoltre risulta regolarmente registrato all’ ufficio immigrazione (con tanto di pinna digitale) e sembra che la sua famiglia non abbia mai avuto contatti con organizzazioni legate al mercato “ittico” per mano di giostre o circhi di alcun genere.
[Acipenser gueldenstaedtii ( storione russo ): lo storione è il più grande pesce d’acqua dolce diffuso in Europa. All'epoca degli amori abbandona i mari in cui vive abitualmente (Mar Nero, Mar Caspio) e risale i fiumi che in essi si riversano, spingendosi fino ai loro maggiori affluenti o, nel Danubio, fino a Bratislava. In genere vengono catturati esemplari lunghi 1,30 - 2,50 m e aventi un peso di 20 - 30 kg.]