"La gente a tutto è disposta a rinunciare, fuorchè ai propri errori."

(Indro Montanelli)







venerdì 27 aprile 2012

UN ALTRO VIAGGIO


Un altro viaggio a Roma, un altro racconto; per la precisione, una serie di racconti.
Scene di vita varia, della più varia e sempre un po’ paradossale. (Allen’s quid)
E mentre sento scorrere le vicende penso e cerco il filo, come sempre.

Mi piace pensare che quelli proposti non siano altro che una serie di racconti sulla “privatezza”, voluta, ricercata, persa o violata. Il privato, necessariamente ed indissolubilmente legato al suo opposto, costretto a cercare in continuazione un suo posto, un equilibrio, magari un accordo.

Credo sia una storia “vecchia quanto il mondo”, o almeno quanto quello moderno e civilizzato.

Ma oggi ancora di più, oggi trovare un equilibrio è ancora più complesso; e allora il racconto diviene improvvisamente un tema di attualità, una critica sociale (certo di gran moda, spesso demagogica).

Il modo di raccontarcelo qui però è delicato, elegante e divertente.

Ti accorgi subito del signore sconosciuto, anonimo per convinzione e mediocre per necessità che, improvvisamente ed inspiegabilmente, una mattina diventa famoso; diviene oggetto dell’interesse altrui, un interesse che ognuno dimostra secondo le proprie attitudini (come succede sempre).
Allora entra in scena l’assurdo, il morboso, il voyeuristico.
Non è più mondo dello spettacolo, non è più nemmeno celebrità: è iniziato il più estremo dei reality, quando la realtà vera costituisce l’oggetto di una curiosità inspiegabile.
[ Morbosa reinterpretazione delle myricae. ]
E lui che prova a resistere, che si stanca della celebrità, che si indegna davanti al non senso e, proprio sul finire, capitola al vezzo, quando ormai è troppo tardi per goderne.
Eroe contemporaneo. Godimento da privazione. Isteria.
Parabola di un uomo perbene, preso, confuso e gettato via.


E poi, di storie ce ne sono altre…

C’è il padre di famiglia, l’uomo saldo e genuino.
Il perfetto affresco del becchino che, per naturale contrappasso, sprigiona una gioia e una serenità semplice ed autentica. [ Sarà vero che chi fa pace con la morte scopre la felicità nel vivere? ]
Anche a lui, però, la vita riserva una fascinazione pericolosa: la possibilità reale di cambiarla la propria esistenza.
Suo unico mezzo sarà la voce, il bel canto.
Anche lui, però, deve fare i conti con la propria dimensione privata, forte ed incapace di scendere a compromessi con quella pubblica, meglio con il pubblico. C’è la fa, realizza un progetto, cambia la sua vita. Ma, infondo, è costretto anche lui ad accettare il compromesso: incapace di vincere l’ansia da palcoscenico, preferisce portare su quello stesso palcoscenico la sua vita privata, intima direi.
Cantando sotto la pioggia, cantando sotto la doccia.
 [ Ridi pagliaccio: un monito per tutti. ]


C’è anche la giovane attrice, aspirante intellettuale ed incline alle semplici fascinazioni.

Si innamora di tutto, ogni cosa la scuote e la rapisce, profluvi di citazioni dotte (tutte però di impronta romantica, un continuo “Sturm und Drang” diciamo).
Si innamora di tutti, fa innamorare tutti di sé.
Anche lei, però, a ben guardare, vive nella sfumatura, nell’accordo irraggiungibile con il proprio mondo interno; incapace di scindere fino in fondo, sembra portare tutta se stessa sul piatto, senza paura. In realtà, come sempre accade, non fa altro che riproporre, in un canovaccio continuo, un personaggio a cui tanto è affezionata e che tanto affascina chi l’ascolta.
Il segreto sta nel credere profondamente di essere chi vorremmo essere.
E funziona sempre…Tanto che un giovane architetto combatte contro un sarcastico alterego pur di amarla, soprattutto nella sua confusione.
Sarà stato un altro amante del controllo che capitola davanti a tanto incontenibile fluire disordinato.   

Man mano, passando a racconti meno sottili o semplicemente meno paradossali, ecco la storia degli sposini di provincia puri e ligi, che incontrano la “perversione” della celebrità e la “spontaneità” della corporeità. Se la storia è abbastanza ovvia, la riflessione su di loro scorre impalpabile.

C’è dell’altro certo, ma questo è ciò che resta, perlomeno dentro me: una sensazione gradevole, qualche sorriso amaro e la città più bella del mondo.


venerdì 20 aprile 2012

GRAZIE

Oggi mi sono imbattuta in uno di quei bigliettini stampati con i quali si viene ringraziati per aver partecipato al cordoglio di qualcun altro. Bruttini eh?! Bianchi, con quelle poche parole stampate in un carattere sobrio, le due striscioline nere sull’angolo, che traspaiono già dalla busta con la loro gravità.

Attimo di silenzio fisiologico.
Senso di oppressione inspiegabile ma delicato.
Meglio, quella sottile sensazione di non comprendere bene.
Silenzio riflessivo.

Mi sono chiesta come mai avessimo ideato questa forma di ringraziamento, questa ennesima formalità con la quale si chiude ufficialmente tutta la pratica del “trapasso” ( che modo violento per definire la morte eh?!).

Penso. Penso che infondo non voglio parlare di morte.
In realtà sto pensando proprio alla vita, a noi, all’umanità.

[ C’è stato un periodo nel quale ringraziavo sempre tutti per ogni cosa: non era manierismo, era pessimismo. Strisciavo nella vita silenziosamente, in modo da disturbare il meno possibile.
Per quello che potevo evitavo ogni rumore dato dalla semplice presenza e, dove non potevo arrivare, ringraziavo a testa bassa, ma di cuore. ]

Ringraziare per aver provato un sentimento di partecipazione e di pietà (pietas) nei nostri confronti. Non è strano? Ti ringrazio, e ti invio anche un biglietto, perché io ho subito una perdita (come si dice spesso, tergiversando) e tu hai pensato di starmi accanto in qualche maniera.

Una volta mi sono sentita dire “ti amo” e, così sul momento, ho risposto “grazie”.
Ho sentito stridere la mia risposta: semplicemente non era “appropriata”.

Non si può ringraziare qualcuno per i sentimenti che prova, non si deve. Non è un merito provare dei sentimenti, di qualsiasi natura essi siano, se lo fosse non sarebbero sentimenti ma riflessioni.
[ Lasciamo intatta almeno questa libertà. ]

E’ un’invasione di campo, infondo.
Quale frustrazione per chi si sente ringraziare: se ha provato un sentimento sincero, autentico si sentirà svuotato, derubato, violato nel suo mondo interiore, intimamente svelato.

Ai sentimenti bisogna credere sulla parola, meglio sull’azione.
Spesso basta semplicemente lo sguardo.

Interpretare, ragionare, pontificare sul sentire altrui è pericolo, forse addirittura ingiusto.
Lo stesso vale anche per un semplice “grazie”.

Se, invece, stiamo parlando semplicemente di “maniera”, beh allora è tutto un altro pensare.

6. PINNA D'INGRANDIMENTO

Mentre scandisce le lettere come fossero note di una melodia favolosa, il nostro eroe nuota con eleganza, formando dei piccoli cerchietti sulla superficie dell’acqua quasi ad accompagnare, con il suo incedere concentrico, una musica che risuona, però, solo nella sua testolina.  
“ Condividere…è dividere qualcosa con qualcun’ altro…Però - mentre dice così, con guizzo repentino della pinna sale fino in superficie e sembra fissare un punto oltre le spalle del bambino -  perché avreste inventato questa parola così bella quando già si poteva dire in un altro modo?!?            O forse no?!          Beh insomma…
Io divido il mio lago, il mio spazio con tanti pesci; divido il mio pranzo, i vermetti che ci sono nel lago, con tutti gli altri inquilini; tu dividi un panino con il compagno di banco; i signori che si festeggiano oggi probabilmente avranno diviso una birra con gli amici, una fetta di torta con la mamma; tanti mammiferi avranno diviso la benzina della macchina per andare al mare le domeniche d’estate ( e poi magari saranno andati sugli scogli ad importunare la tranquillità dei poveri granchietti che vivono lì… figurarsi che i mammiferi non inizino a rendersi molesti!!! Soprattutto con tutto quel sole: si sa che il caldo finisce sempre per rendervi un po’ pazzerelli…Non avete mica sempre la testa bagnata voi!? Il vostro cervello rischia di friggere quando è troppo caldo!!![1]).
Quello che voglio dire, però, è che tutto o quasi si può dividere, e mille volte ti sarai trovato anche tu, piccolino come sei, a dividere, anche solo la realtà, con un altro. Poco fa, invece, tu hai detto che quando due si vogliono bene, condividono…e allora ho pensato che fosse qualcosa di diverso. O sbaglio?
Penso infatti che, nel caso in cui due mammiferi decidano di sposarsi, la vera questione non è tanto nella decisione di dividere il mutuo della casa, le bollette, i turni per andare a prendere il piccoletto in piscina ( tutte queste conoscenze sono il frutto di anni di “ attività di spionaggio a pelo d’acqua” nel mio laghetto!!!)… quando ti sposi, sempre se ho ben intuito quello che dicevi, la decisione che si prende è quella di condividere la vita. Certo pure gli impegni e i doveri fanno parte della vita! Però mi sa che si vive pure quando non hai niente da fare, si vive pure quando stai facendo colazione la mattina e non sei affatto di buon umore…la vita molto spesso è lì, tra gli aneddoti da raccontare!
…..e poi sai qual è, secondo me, il momento in cui vivi di più? Quando la sera vai a letto (o sul fondo del laghetto), poggi la testa sul cuscino (o su una comoda alga) e sei stanco e arrabbiato, perché la giornata non è andata proprio come avresti voluto. In quel momento chiudi gli occhi e, così, chiudi pure tutto il mondo che ti ha deluso fuori. Quel momento è un momento della tua vita! E allora, quando decidi di condividere la vita con qualcuno, stai decidendo di condividere proprio quel momento, decidi di parlare e confrontarti anche quando non vorresti, decidi di sperare in una parola di consolazione, in una coccola anche se non sempre arriverà. Decidi, allora, anche di accettare delle piccole delusioni, di prenderti l’impegno di sopportare, anche quando la testa sul cuscino la vorrebbe affondare l’altro! Insomma, ci potrebbero essere infiniti momenti come questi da raccontare, però credo che tutto si possa riassumere dicendo che se decidi di condividere, decidi di non chiudere fuori dalla porta tutto il mondo…decidi che quel qualcuno possa restare, anche e soprattutto quando lì dentro non c’è più nessuno.
Il piccolo Andrea rimane senza parole, letteralmente sbigottito davanti al bel discorso che, non si sa come, era riuscito a pronunciare il suo nuovo amico. Nella sua testa ancora girano vorticosamente tutte quelle riflessioni e i suoi occhietti, non riuscendo a liberarsi dalla dittatura dei suoi pensieri, rimangono fissi, solleticati unicamente dai tenui riflessi dell’acqua. Quella stessa acqua che sta sta accogliendo e proteggendo quel piccolo pesciolino che ha capito tutto.
Sono bastati pochi secondi ad Andrea per sapere di non poter comprendere fino infondo quello che Trotsky aveva detto; subito, infatti, mentre ascoltava con sgomento il suo amico, era riaffiorata quella sensazione di disagio sulla pelle. La prova sempre quando parla con la mamma o con il papà delle “cose da grandi”.
“Gli adulti – inizia così a parlare fissando ancora l’acqua, senza però ricercare lo sguardo del pesciolino - non capiscono proprio quanto sia difficile per noi bambini starli a sentire quando parlano delle “cose da grandi”. Che poi ti avvertono subito…ti mettono su una sedia, ti dico di star fermo e non giocare, perché ora bisogna parlare di cose SERIE ( i grandi iniziano sempre dicendo che devono parlarti di cose serie [!!!???!!!], con quella faccia da catastrofe imminente unita all’ aplomb  da educatore da riformatorio). Quando, e solo quando, ti sei mostrato abbastanza serio e anche un po’ triste, allora iniziano con il discorso del giorno al quale, però, tu devi assistere in rigoroso silenzio, facendo cenno con la testa, se possibile, di tanto in tanto. Il silenzio della vittima, in quei momenti, non è solo richiesto dai genitori, ma anche fortemente consigliato. Avete mai provato, infatti, ad interrompere quel flusso di noia ed incomprensione???
Beh, vi auguro di no! Perché se lo avete fatto, saprete bene che questo rappresenta per la mamma o il papà un sintomo di scarso interesse o, ancora meglio, il segno manifesto della volontà di eludere il punto della discussione ( che è peggio!!! )…E se poi, continuate nella vostra intenzione, dicendo che non avete ben capito e vorreste delle spiegazioni, beh allora siete in un grosso pasticcio!!! Dopo la prima domanda che ti lasciano fare, convinti di poter risolvere il dubbio in un paio di minuti, iniziano ad innervosirsi, si guardano tra di loro e poi, eccoli passare alla fase 2 – i discorsi da grandi!!!! 
Perché se parli con mamma e papà, o con qualsiasi altro “grande”, prima proverà a spiegarti un qualsiasi problema in maniera incomprensibile, usando esempi che non c’entrano niente, parlando di amichetti immaginari e gesticolando decisamente troppo; poi, quando le tue domande si faranno più insistenti, ( che poi tutto il discorso probabilmente non ti interessava dall’inizio, ma ora ne fai un problema vero, visto che era tanto importante che lo capissi!!!) eccoli che si raddrizzano la schiena, si aggiustano il maglioncino e poi, quasi balbettando, ti guardano con improvviso affetto:
“ Capisco le tue domande amore mio ed è bello che tu ti ponga già tutti questi problemi! Sei molto intelligente e mamma è fiera di te! Però tu sei ancora piccolino e questi argomenti non vanno ancora bene per te, diciamo che sono “da grandi”, e quando sarai più grande magari ne riparliamo[2]… Per ora, però, ciò che è importante che tu capisca è che……… …………. ………”
Ed ecco che in un attimo ricomincia con quel noiosissimo discorso, che tra l’altro decide di riprendere dall’inizio e, a questo punto, senza alcuna possibilità di interruzione!!! [ DRAMMATICO!!! ]”
Seguono alcuni minuti di silenzio nei quali Andrea continua a fissare un punto non identificato sulla superficie dell’acqua, mentre il piccolo Trotsky muove lento la sua pinna, sembra pensoso e guarda con occhi dispiaciuti il suo amico.
Andrea ha capito, in un solo istante, che il pesciolino con cui ha condiviso tanti pensieri e tanti dubbi quella mattina, in realtà, si sta rivelando molto saggio; quel piccoletto sta facendo quei ragionamenti che solo i grandi (mammiferi o non) possono fare. E lui invece? Beh, lui ha provato la sensazione di sempre…quando ti sembra di capire ciò che ti dicono, anzi sei sicuro di aver capito bene, ma poi è come se quelle parole, quei discorsi fossero tanto leggeri da non riuscire proprio a tenerli in testa…volano subito via. Per un attimo, però, le sensazioni le hai sentite e le hai pure capite!!! E quelle sensazioni ti rimangono sulla pelle, anche se sei piccolino e non sai cosa sarà la vita. Questo i grandi non lo sanno e spesso non se lo immaginano neppure. Non capiscono mai, loro, che anche se alcuni argomenti sembrano lontani da noi, li ascoltiamo, ( anche quando vengono bisbigliati mentre guardiamo i cartoni animati!) e la sensazione che proviamo, spesso, è la stessa sensazione che ci trasmettono loro quando ci raccontano quello che vogliono farci capire. Magari non capiamo la politica o l’economia, il conflitto d’interessi o la speculazione finanziaria, ma certo sentiamo quando il papà e la mamma sono preoccupati per questo…lo sentiamo forte anche se loro pensano di nascondercelo!
Andrea, però, sa che con il suo amico oggi non è andata proprio così…non ha provato lo stesso disagio davanti ai suoi discorsi, non ha provato lo stesso senso di esclusione, di inadeguatezza. Questa volta, invece, ha sentito una vera condivisione di pensieri… proprio come raccontavano poco fa, quello che capita quando ascolti ed impari, quando decidi di stare accanto a qualcuno, a prescindere dal suo umore, dai problemi, e, a volte, anche da quello che dice e che non vorremmo sentire. Ora guarda il suo amico acquatico e prova soddisfazione per il solo fatto di essergli amico! Sta diventando un pesce adulto, è lontano da casa e dalla sua famiglia… starà provando tanta paura! Ma sta anche sperimentando la fiducia, la speranza, la condivisione. Ora si che è un pesce pronto per la grandezza del mare!!!
Tutti questi pensieri, tutta la calda intimità di quel momento, il tepore di un’amicizia sincera che stava nascendo vengono, però, bruscamente interrotti: in un attimo una luce accecante invade quel piccolo laghetto, spaventando Trotsky e costringendolo a nascondersi sul fondo, con la pinna ben attaccata al marmo freddo. Trema il piccoletto, perché ancora una volta non sa e non riesce neppure ad immaginare cosa sta succedendo; trema, però, anche perché infondo sa che è arrivato il momento di salutare il suo nuovo amico, quest’ultima briciola di casa, quest’ultima coccola.
Andrea, invece, riemerge dai suoi pensieri in tutta fretta, incrocia gli occhi spaventati del pesciolino con aria rassicurante e volge il viso verso quella luce, che lo illumina in un istante e scintilla tra i suoi capelli rossicci. Bastano pochi secondi affinché una folla agitata invada quel piccolo angolo di serenità. Ed è subito un via vai di cappellini, stole, tacchi e cravatte. I colori, arroganti e vispi, occupano tutta l’aria intorno, tanto da far impallidire il rosso brillante del pesciolino spaventato. E poi il profumo…tanto piacevole quanto invadente!
Se finora nessuno si è accorto di me, non se ne accorgeranno certo ora… tutti presi come sono dalla festa che sta per iniziare! – pensa Trotsky cercando di tranquillizzarsi, ma rimanendo fermo fermo sul fondo della piscinetta: è immobile, la pinna paralizzata in modo da non creare neanche il minimo movimento nell’acqua. Servono solo pochi istanti, però, per veder apparire le prime dita “mammifere” sulla superficie brillante: una carezza distratta, quel tanto che basta per bagnarsi appena, e poi scomparire…
Mannaggia! – pensa il pesce - mi sono dimenticato di domandare al mio amico perché fanno questo!!! Anche a casa dei nonni mammiferi si farà così??? -----------------------------------------------------------------------------
Ora stai tranquillo Trotsky, vedrai che non succederà niente! Hai la fortuna sfacciata di assistere ad una grande festa, pure senza essere stato invitato!!! In ogni caso, poi…qualsiasi cosa succeda…beh si, ora hai un amico e puoi star sicuro che lui non permetterà a nessuno di farti del male!!! ---------------------------
------------- Speriamo comunque non ci siano dei pescatori tra gli invitati!!!!
“Andrea, amore cosa stai facendo qui? E’ un bel po’ che ti cerco! Dai vieni con mamma e andiamo a sederci che sta per iniziare, il papà è fuori con lo sposo ma tra un po’ ci raggiunge!!!Allora sei pronto per le fedi? Ti ricordi tutto quello che devi fare? Vieni qui che ti aggiusto il papillon…è tutto storto!!! Quanto sei bello tesoro, sembri proprio un ometto!”
E così iniziò quella giornata; una giornata di festa per tutti…per chi aveva deciso di darsi delle risposte, di farsi delle promesse, ma anche per chi, come i nostri piccoli amici, aveva solamente tentato di porsi delle domande. Quel giorno fu un giorno davvero magico, uno di quelli in cui può capitare proprio di tutto, persino che un pesciolino di lago finisca per spiegarti un pezzettino di vita! Per tutta la durata della cerimonia, però, Andrea non smise di rimanere assorto nei suoi pensieri; la mamma lo guardava dall’alto dei suoi tacchi a spillo con un po’ di perplessità, perché si sa che quando dici ad un bambino di stare zitto e buono, devi aspettarti che prima o poi la noia esploda…ma questa volta no, stava seduto lì, accanto a lei, piccolo piccolo nelle sue spallucce, ma così serio e pensieroso.
Andrea pensava al suo amico, alla paura che aveva letto nei suoi occhietti, alle mille spiegazioni date affinché capisse cosa stesse succedendo…chissà se si sta godendo la festa? E poi non ha avuto neppure il tempo di salutarlo come si deve…
Sullo sfondo dei suoi pensieri, però, la cerimonia andò avanti, il paggetto fece il suo dovere, [suscitando grande tenerezza tra tutti gli astanti – che poi è da ritenersi il principale ruolo dei paggetti in una cerimonia!] e gli sposi non smentirono le aspettative; seguirono balli, canti, risate a non finire e…la torta, la grande protagonista!

E poi, promessa di ogni favola che si rispetti, una vita di gioia ed amore!!!
[AVVISO AL LETTORE: si si, proprio a te!!! Nonostante l’apparente fase di stallo, l’autore ti invita a fare un ultimo sforzo e andare oltre ( nella vita come nella storia )…dai! Non è mica finita qui!!!]







Un’amicizia, infatti, è sempre un’amicizia e non potevamo certo lasciarvi con il dubbio che a volte le strade si separano, le cose cambiano ( gli impegni, la routine, lo stress, la crisi economica [ che c’entra sempre!!!]) o che Andrea e Trostsky avessero interrotto così la loro conoscenza?! E poi quante perplessità sul precariato che avrebbe attanagliato un pesce rosso in un’ acquasantiera! I sacerdoti, a volte, potrebbero dimenticare il sentimento della carità quando si tratta di un pesce, nella casa di Dio per giunta…per non parlare, poi, delle perpetue!!!  Beh, comunque, bando ai convenevoli: vi basti sapere che Andrea pensò molto al suo amico e al suo futuro e così, dopo tante peripezie e tante occasioni sfumate,[3] … … …
“ Mpah Mpah … … … che immensità tutta qui, ora, davanti ai miei occhi! Che freschezza!!! Non avrei mai pensato che il mondo fosse così grande…anche per un piccoletto come me!!! Ora si che tocca a me, ora posso conoscere e costruire anche la mia libertà!



Un MARE di saluti da Trotsky e Andrea.









[1] Da qui probabilmente la spiegazione dell’inveterata tradizione per cui i pesci non portano mai il cappello; durante gli anni ’90 infatti, a seguito del boom economico, dell’amore per il lusso, dell’alta moda, in particolar modo a Milano si diffuse la convinzione secondo la quale, perfino il mondo acquatico rispondesse ai canoni dettati dalla moda. Ci si immaginarono pescioline atteggiarsi a top model, pinne ricoperte di strass e bikini squamati. Fu solo, però, con l’inizio del nuovo millennio che alcuni etologi di fama internazionale resero pubblici i loro dossier, fino a quel momento rimasti segreti, e la verità colpì tutti nel suo splendore: i pesci, così come tutti gli altri animali acquatici e terrestri, se ne infischiano altamente di tutto ciò che noi riteniamo fondamentale ed imprescindibile, come la politica, l’arte, la letteratura e la moda. 
[2] L’autore ci tiene in questa sede a sottolineare la sensibilità dimostrata dalla mamma del nostro Andrea in questa situazione; molto spesso, infatti, questo tipo di discussioni si concludono non già con la promessa di un seppur futuro approfondimento del tema, quanto con la celeberrima asserzione genitoriale “un giorno, quando sarai più grande, capirai…”.
Nota a Libera Fruizione di ogni Piccoletto: nel caso in cui la figura genitoriale di riferimento (mamma/papà, con possibilità di delega a nonno/nonna) propone questo tipo di risposta, avete tutto il diritto di arrabbiarvi e sottolineare come non sia sufficientemente chiarito né il momento in cui queste competenze verranno acquisite, né se la comprensione del tema implichi necessariamente l’accordo con le posizioni sostenute dai genitori. Alcuni esempi: Mamma, a che età si diventa abbastanza grandi per capire questo? E poi lo capirò da solo oppure dovrò ripensarci e ricordarmi di oggi? Ma dici che quando sarò grande capirò che devo fare quello che dici tu o potrò pensarla diversamente?
[3] E’ doveroso qui ricordare che il nostro eroe acquatico, forte dell’appoggio emotivo ed economico del piccolo Andrea, ha subito il fascino del dorato mondo dello spettacolo: numerosi, perciò, sono i casting ai quali ha preso parte, senza, però, riuscire ad ottenere il successo tanto agognato. Da curriculum possiamo, tuttavia, ricordare le partecipazioni, con ruoli marginali o di comparsa in “Nemo”, “La sirenetta” ( nell’edizione restaurata ), “Ponyo e la scogliera”. Sfumata, invece, la partecipazione a “Shark tales” a causa di un dissidio maturato sul set con uno degli squali protagonisti.

venerdì 6 aprile 2012

VENERDI' SANTO

Morire in tutte le lingue del mondo.
Morire in ogni modo e in ogni tempo.

Morire anche se non l’abbiamo ancora accettato.
Soccombere nostro malgrado.

Ma infondo è pur tuttavia vero sopra ogni cosa che di morte ce ne intendiamo; e la conosciamo sopratutto perché l’abbiamo utilizzata, praticata, inflitta.
Noi, gli ancora vivi quante persone abbiamo già ucciso?

Quale giorno migliore per pensarci…
Perché la gente non ce la fa, non ha i soldi sufficienti, non ha la forza d’animo, semplicemente non è dell’umore per vivere ancora. Perché la gente lo sa, lo sa che ormai non basta più.

Non siamo più sufficienti per il mondo; il mondo non è più sufficientemente umano per noi. Non siamo abbastanza: sempre la solita storia.

Perché se la depressione è il male del secolo, il malcontento diffuso ne è il maggiore interlocutore. La convinzione ormai radicata che le cose non possano andar meglio, che non c’è niente da migliorare e che, anche se ci fosse, mancherebbero comunque gli strumenti per farlo.

PARALIZZATI DALLA TESTA IN SU.
Forse dal cuore.

Si può parlare di morte anche senza parlare di guerra, di assassinii o del male nella sua versione “ufficiale”. Il male di contrabbando produce ogni giorno sofferenza “in nero”; un surplus di evasione che paghi comunque a caro prezzo.

Perché si paga sempre il proprio conto, anche sopravvivendo in mezzo a questa morte quotidiana.

Soprattutto. Asfissia.

Allora rifletti, pensi, ti penti.
Espii per quel che puoi, per quel che senti.

Quale giorno migliore…

5. PINNA D'INGRANDIMENTO

A me è capitato sai? Non di sposarmi certo, sono ancora piccolino io e poi ho in progetto di rimanere sempre con mamma e papà! Però, credo di poterti confessare che anche io ogni tanto ho paura (diciamo pure sempre) …del buio! E’ inutile! Ho provato, sai, a stare tranquillo…ho provato a non pensare e a fare finta di niente quando la sera la mamma, dopo avermi rimboccato le coperte e dato un bacione sulla fronte, si allontana tranquilla e,  prima di socchiudere la porta, allunga la mano verso l’interruttore della luce…In quel momento trattengo sempre il respiro e sento le mie guance scaldarsi improvvisamente; a nulla, però, servono i miei sguardi supplichevoli. La mamma spegne perentoria la luce ripetendo ogni volta che DEVO imparare. Certo mi ha regalato una piccola “apetta” luminosa da tenere sul comodino così che, se mi sveglio durante la notte, non mi spavento troppo!!! L’ape è un piccolo insetto, è vero, però è molto aggressivo e riesce a scacciare tutti i mostri delle tenebre! (E poi, penso che i mostri vivono al buio proprio perché sono codardi…se li vedessimo alla luce diventerebbero piccoli piccoli; come per le ombre che allungano le cose, così il buio rende feroci anche i piccoli mostriciattoli!) Il vero problema, però, è quando non riesco proprio ad addormentarmi e davanti ai miei occhi cominciano ad apparire, comunque, un sacco di ombre nere, strane, minacciose: allora chiudo gli occhi e li tengo stretti stretti, perché se non li vedi i mostri, alla fine finisci per dimenticarteli e non esistono più -------------------------------------     
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Mamma mia, ho paura perfino adesso, solo a pensarci!!![1]
Beh comunque, tornando alla fiducia, in quei momenti io metto la mia paura nelle mani della mamma, nelle sue labbra che si muovono calme per dirmi che andrà tutto bene, che se avessi bisogno lei ci sarà, che i mostri non esistono: in quell’ esatto momento, mentre ripenso ai suoi occhi, mi convinco di quello che dice, mi tranquillizzo totalmente. Poi, anche se la porta ormai è socchiusa e magari lei già sta dormendo, ripenso a lei, subito chiudo gli occhi e mi ripeto le sue parole…perché la mamma non mi lascerebbe mai in mano ad un mostro! E’impossibile!”
Il pesciolino segue con attenzione i racconti del suo amico, muovendo con alternanza la pinna di qua e di là, quasi per creare un accompagnamento per quella bella storia. Il suo occhio però rimaneva un po’ perplesso…a tratti vitreo direi.
[ Nota dell’autore: sarebbe davvero scorretto in questo momento definire lo sguardo del nostro protagonista utilizzando le poco eleganti espressioni “occhio da pesce lesso”, “occhio da triglia” o addirittura “occhio/volto da baccalà”; il nostro racconto si propone infatti una narrazione equa e rispettosa nei confronti delle varie razze, che siano pesci o meno. Questo tipo di espressioni, inoltre, potrebbero alimentare polemiche e dissidi, per altro già in atto, tra gli abitanti di alcuni laghi situati in zone liminari e secessioniste. L’autore prende, perciò, esplicitamente le distanze da questo tipo di polemiche e scoraggia l’accostamento di questo episodio con altri di ben maggiore rilevanza politica e sociale.]
“ MPAH, MPAH…Paura del buio? Beh posso ben capirlo! Sai, nel mio laghetto non c’era mai completamente buio perché non era abbastanza profondo per avere degli abissi dove il sole non riesca a penetrare; la notte, poi, essendo una zona popolata da molti mammiferi come te, avevano messo delle luci, come delle  stelline tenute in alto da tronchi lisci e scuri, che illuminavano tutto intorno. Però se provo ad immaginarmelo questo buio, come lo descrivi tu, mi sa che fa davvero tanta paura!
Comunque, mentre guardavo i tuoi occhi che mi raccontavano la fiducia, mi è venuta in mente un’immagine: sembra una cosa così bella e grande! E’ come se un giorno, nel mio laghetto vedessi dei vermetti splendenti, gustosi pendere dalla superficie dell’acqua… (come ti ho già raccontato il mio papà mi ha istruito perché non cedessi mai a questo tipo di tentazioni) Però, se al di là di quei vermetti non ci fosse un amo brillante ed appuntito, ma un dischetto liscio e senza spigoli, come un piattino per nutrire i pesci di passaggio? Beh questo per me sarebbe l’esempio più grande della fiducia che dai e che, per una volta, non viene tradita!!!

Mi rimane però, devo confessartelo, un dubbio: voi mammiferi, voi che avete inventato tante cose, voi che vi vantate di essere così tanto più intelligenti ed evoluti di tutti gli altri animali, beh voi avete ancora così tanta paura da dovervi stringere forte ad un vostro simile per stare un po’ più tranquilli?! Anche noi pesci abbiamo tanta paura sai? Ti ho detto quanti pericoli ed insidie mettono a repentaglio tutti i giorni la nostra tranquillità?!?! Eppure non abbiamo mai pensato di legarci due a due per stare più tranquilli…Anche perché, come hai detto tu prima, in due non sempre la paura passa, a volte rimane e non se ne va!  ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Certo devo ammettere che almeno così state sempre in compagnia! Sicuramente non vi sentirete mai soli! FORSE   ----------------------------------------  Però, se ci penso un po’ meglio, devo ammettere che questa cosa del matrimonio non è poi tanto male: se anche i pesci si sposassssssssero (OOps! Scusa tanto per la “S” sibilante da pesce di acqua dolce!), beh allora, almeno ora io non sarei tutto solo, in una chiesa (ovvero nel posto dove, sempre se ho capito bene, voi mammiferi pensate e toccate la vostra debolezza…figuriamoci la mia!!!) , senza neanche l’ombra di una pinna familiare! Senza offesa eh, tu ti stai rivelando un vero amico, ma sai la familiarità della pinna, quella mi manca parecchio!
Comunque, ci deve essere dell’altro sotto! Ci devono essere altri motivi che hanno spinto degli spavaldi come voi, mammiferi “superiori” ( come dite voi!?) ad aver inventato il matrimonio…
Mentre il piccolo Trotsky insiste con le sue riflessioni e con i suoi dubbi, tutto intorno cominciano a sentirsi dei rumori sempre più frequenti: un vociare continuo e concitato accompagna ormai da qualche minuto le riflessioni del pesce, sfociando, di tanto in tanto, in alcuni urletti subito soffocati dal timore reverenziale dovuto alla particolare solennità richiesta dalla “location” della nostra storia.
Se potesse sporgersi oltre il confine trasparente dell’acqua, il nostro amico avrebbe potuto vedere quel luogo diventare in un attimo più leggero, meno serio ma allo stesso tempo ancora più sacro. Vedrebbe il legno scuro delle panche, tutte uguali nella loro fredda geometria, animarsi d’improvviso con il lilla acceso e delicato dei mazzetti poggiati lì con garbo. Sentirebbe il rumore del via vai di passi divenire improvvisamente più cupo e silenzioso, mentre si srotola il pesante tappeto rosso lungo la navata principale. Coglierebbe persino lo sguardo sereno e rilassato del sacerdote, chiamato oggi a ricoprire un ruolo così piacevole.
Infine, ma per questo non sarebbe neppure necessario sporgersi e vedere, sentirebbe una dolce melodia risuonare a tratti, poi seguire un po’ di silenzio, qualche nota solitaria ed ecco ricominciare tutto da capo. Quelle note, così leggere si sarebbero propagate di lì a poco anche nell’acqua del suo stagnetto improvvisato e, creando delle impercettibili vibrazioni, avrebbero colpito con delicatezza il corpicino del pesce, come delle composte, ma calorose carezze.
Non aveva capito ancora niente il piccolo Trotsky, non aveva capito come fosse arrivato sin lì, non aveva capito che cos’era un matrimonio e perché lo facessero, non aveva capito neppure quanto fosse lontana casa sua, il suo laghetto; a volte però una sensazione può arrivare prima di tutto, colpire il tuo cuore, la tua pelle e fulminea comunicarti qualcosa che ancora non sai o che non vuoi riconoscere.
Trotsky infatti sente, non senza una lieve malinconia, che la sua casa, la sua infanzia sono ormai lontane, così come sente che quella cerimonia nasconde di più rispetto alla pedante e proverbiale burocrazia umana[2]; soprattutto, poi, Trotsky sente quelle dolci vibrazioni, quella luce tenue ma calda e persino quelle insistenti voci “mammifere”, sente tutto questo e si lascia coccolare da una sensazione di pace e di serenità. Tutte le sue preoccupazioni, le sue paure per un attimo scompaiono: ma non come scompaiono i pensieri dalla mente di chi non ha memoria, anzi rimangono in un cantuccio e, per un attimo, anche lui può permettersi il lusso di non volerle vedere, perché ci sarà tanto tempo per preoccuparsi, ora ci si può coccolare, anche unicamente per un solo istante!
Questa festa sta già diventando anche un po’ la sua.
“Sai cosa stavo pensando piccolino? Pensavo che hai proprio ragione. Si, quando dici che, a volte, in due non si risolvono i problemi, non  si scacciano le paure…beh, mi hai fatto venire in mente una frase che un giorno ha detto lo zio, mentre parlava con papà a tavola. Quel giorno, avevamo invitato gli zii a pranzo, era una domenica e la mamma aveva fatto le sue deliziose lasagne! Era bastato, però, passare dalla prima portata all’arrosto di carne (…o forse eravamo già all’insalata?!Boh…) ed ecco che papà e zio hanno iniziato, come al solito, a parlare di politica: quello che non và, quello che si dovrebbe fare, le tasse che sono sempre troppe, i ricchi sempre troppo pochi, ecc. ecc. ecc. Sai Trotsky, non mi vorrei proprio dilungare su questi argomenti, sono così noiosi!!!
[ E poi devo confessarti che non capisco proprio il perché, pur passando gli anni, papà e zio continuino imperterriti a parlare sempre delle stesse cose….e soprattutto allo stesso modo!!! Potrei raccontarti qui, ora, ogni singola battuta dell’uno e dell’altro! Eh! l’Italia va proprio male…Sarà colpa del governo precedente… La crisi la pagano solo i poveri cittadini…Speculano sul petrolio….Voi vi lamentate ma se foste al governo fareste le stesse cose…siamo un popolo di codardi…[3] Man mano che queste osservazioni si susseguono, poi, il tono delle loro voci diventa sempre più alto e puntualmente la mamma, quando la situazione diventa un po’ noiosa per tutti, corre a prendere il dolce, sperando di riconciliare gli animi con un po’ di zucchero. ]
Dopo il caffè,  ad ogni modo, i due hanno ricominciato a parlare di non so cosa (io stavo guardando i cartoni alla tv con il mio cuginetto!)…so solo che ad un certo punto ho sentito lo zio dire che mandare avanti una famiglia è la cosa più difficile che c’è, che ci sono sempre tanti problemi da risolvere e che una persona da sola non avrebbe certo tutte queste grane e queste preoccupazioni.
Quella frase, non so bene il perché, mi è sempre rimasta in testa: il papà e la mamma mi avevano sempre detto che era bello avere una famiglia, che ci si aiutava a vicenda e non si stava mai soli! Ma allora perché lo zio diceva questo? Forse la sua famiglia era diversa dalla mia? Forse lui aveva tanti problemi e non sapeva come risolverli? Non so bene cosa volesse dire, anche perché quel giorno, a dirla tutta, mi sono anche un po’ spaventato e non ho più voluto chiedere nulla né a mamma né a papà. Ora che ci ripenso, però, forse zio voleva dire proprio quello che dici tu: anche se insieme i problemi sono più facili da affrontare perché ci si aiuta, è anche vero che, forse, ci sono più problemi da risolvere! Come a scuola: con i compagni puoi giocare, puoi fare gli scherzi agli altri e ridere insieme, puoi anche chiedere ad un amico di coprirti se non hai fatto i compiti, ma quando poi la maestra si arrabbia perché si fa troppa confusione, anche se tu stai zitto zitto, ti devi beccare pure tu un lungo sermone, le urla e, magari, pure una nota. E poi, prova un po’ a spiegare alla mamma che tu, stavolta, non c’entravi davvero niente!!!
E’ vero, quando stai insieme agli altri, comunque, sai che ci potranno essere dei problemi, delle complicazioni, degli impicci che non potrai evitare. A volte è proprio una scocciatura! Però, se dovessi scegliere…mi sa che preferisco rischiare ogni tanto, ma stare a scuola con i miei compagni. Ci pensi che noia restare tutto il tempo da soli??? Ops! Scusami, mi sa che sono stato poco delicato nei tuoi confronti, povero pesciolino! -------------------------------------
Però hai capito quello che volevo dire no? Quando sono con i  miei amici mi diverto tanto, loro mi insegnano tanti giochi che non so, mi raccontano le barzellette e, ogni tanto, mi confidano anche che sono un po’ preoccupati. A me piace tanto starli a sentire perché quello che dicono non è mai proprio uguale a quello che direi io, né a come lo direi io. Mi dà l’impressione che c’è sempre qualcosa di nuovo…che ogni volta mi lasciano un pezzetto piccolo piccolo di loro, così che io posso tenerlo e farlo diventare un pezzettino anche di me, così “condividiamo” noi stessi no? Pure quando sono tristi e mi raccontano tanti problemi, penso sempre che io quei problemi non ce li ho e, se nessuno me li raccontasse o mi ci facesse pensare, allora non li conoscerei proprio e non me li immaginerei neanche. Certo, non è che voglio pensare ai problemi e alle cose tristi di solito! Però magari, quando sono grande,  se ce li ho pure io, o magari conosco qualcuno che ce li ha io so già come sono e, quindi, mi fanno meno paura! Diciamo che sono un po’ meno problemi di quello che erano prima. Come ti diceva il tuo papà: se conosci qualcosa, allora non ne hai paura, no? ( Diciamo che ne hai meno paura…meglio!!!)
Insomma, sì, non rinuncerei mai a stare senza i miei amici, neanche se così non avessi più problemi, punizioni dalla mamma o note dalla maestra! ----------------------------    -----------------------
Tu che ne pensi Trotsky? Hai capito un po’ di più di questo benedetto stare insieme??? ”
“ … … …                     …………………….
…. ….. ….. …………..Oh scusami, stavo pensando a quello che dicevi! Comunque credo che, piano piano, sto capendo un po’ meglio la vostra stranezza “mammifera”. E poi, hai proprio ragione, stare da soli è davvero triste! Certo non è che vorrei sposssssssarmi ( come dite voi!), però devo ammettere che se non fossi arrivato tu, per fare quattro chiacchiere, non so se ce l’avrei fatta a continuare a sguazzare silenzioso in quest’acqua trasparente!!! La solitudine è proprio una brutta sensazione…che poi quando ti si attacca addosso sembra che non se ne và più! Un po’ come la mucillaggine per noi acquatici!
Poi pensavo: tu hai usato una parola un po’ strana … condividere! E’ un po’ strana almeno per me che sono un pesce! Però, pensavo, ha un gran bel suono sai?! CON…DIVIDERE…CON…DIVIDERE……. Senti che bella!!!”



[1]  “Paura” = prov. Pavors, paors; franc. Peur; ant. Paour; cat. Pavor………. ….. …… Psss Psss, si dico a voi, a voi che state leggendo! Avete visto quante parole nuove ed antiche per esprimere la paura?! Incredibile eh! Beh, non è certo intenzione dell’autore, né dei nostri eroi inoltrarsi in un’ improvvisata analisi a carattere antropologico e sociale. Certo, urge qui mettere appena in evidenza che, qualora qualcuno lo chiedesse loro, probabilmente noterebbero come ci potrebbe essere una corrispondenza tra un così ampio spiegamento di termini, e la necessità evidente di comunicare un sentimento così imperituro e trasversale. Insomma, forse la paura è sempre stata un’emozione forte e molto presente negli esseri umani!!! Che ne dite?
Questo, certo, verrebbe detto solo se qualcuno lo chiedesse loro…

[2] Urge qui specificare che il pesce suddetto, nonostante abbia trascorso l’intera sua esistenza in un stagno cittadino, pur tuttavia fonti certe testimoniano come comunque abbia avuto l’opportunità di venire a conoscenza della ormai nota “sindrome da compilazione modulo”, caratteristica dei mammiferi superiori e cristallizzata ormai nei secoli. Per un’ulteriore approfondimento del tema si veda “Il mammifero superiore: vizi e virtù dal pescatore al passante” in  “Il manuale del pesce contemporaneo”, L’Orca Editore, Genova 1997 (Nuova edizione aggiornata, 2007).
[3] Per coloro che sentissero nascere l’ingiustificato bisogno di approfondire la retorica da “Pranzo domenicale con parenti” ( da distinguersi con grande cautela dalle altre opzioni “pranzo infrasettimanale”/ “pranzo di lavoro”/ “pranzo in trasferta” o addirittura “cena”) potrà vedersi ampliamente soddisfatto nella consultazione di “Proverbi italici. Dalla sapienza popolare al qualunquismo più squallido” , Edizioni Verdi, Predappio 2008
“Era meglio quando era peggio, infatti una volta c’erano, ora non ci son più le mezze stagioni! E allora la gatta frettolosa fa i figli ciechi, mentre quella che va al lardo ci lascia lo zampino. Il lupo perde il pelo (ma non il vizio!), e la gallina, quella giovane, canta perché ha fatto l’uovo: è meglio quello oggi che lei domani! Quella vecchia invece fa buon brodo…e poi non c’è più. Il gallo, poi, quello è un solitario, perché se sono troppi a cantare non si fa giorno. Il cavallo, dopo tutto, continua a campare, se l’erba cresce, e il cane? Ah quello morde sempre lo straccione, chissà il perché! Ma se abbaia non morde di sicuro…almeno spero. I pesci, invece, quelli li prendi facilmente, a patto che non dormi! Ma siamo in Aprile e, si sa…Aprile dolce dormire…e allora sì che pure i pesci sono difficili da prendere. Ma d’altra parte, finché c’è vita c’è speranza, chi non comincia non finisce, chi non risica non rosica…e poi aiutati che Dio t’aiuta.

Ma…c’è il cielo a pecorelle!!! Vado a prendere l’ombrello.”