Non capiscono loro, non hanno ancora quelle sovrastrutture che ci fanno pensare che, a volte, quello che diciamo non è tutto o, forse, non è proprio così come l’abbiamo detto. Il confine netto tra ciò che è e ciò che si narra (che diventa inevitabilmente qualcosa in virtù di chi lo racconta e di come, perché lo racconta) non si è ancora radicato in loro; sfuggono al cavillo, all’obiezione faziosa, al relativismo di ogni opinione.
Non sanno che le parole a volte sembrano sfuggire proprio mentre stavi per afferrarle…e allora ne prendi un’altra, ma non è più la stessa cosa! Che cosa succede allora?
Succede che hai appena espresso qualcosa che corrisponde alle tue parole, sì, ma non più a quello che avevi in mente…a volte! [difetti di oratoria o fluire del pensiero]
E le parole si perdono nel mezzo, in quella zona di indistinzione, in quel vuoto.
E poi, c’è l’ironia, il sarcasmo, e quello proprio non lo conoscono; se li prendi in giro si offendono subito, se la prendono. Ma non sono mica permalosi, solo non capiscono! Non capiscono che se dici una cosa ridendo il significato magari è un altro, magari si cerca un contatto con l’altro, magari si ride in compagnia, si sdrammatizza o magari si sceglie solamente di dire una verità ridendo (perché ridendo si possono dire tante verità, quasi tutte!)…Chi lo sa? I bambini non lo sanno di certo!
Piuttosto pensiamoci noi, davanti a quei visini a non imbrogliarli, a non confonderli con il nostro linguaggio già pronto a smentire, tergiversare, alludere; pensiamoci noi a prenderci davvero sul serio, almeno davanti a loro…
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