A me è capitato sai? Non di sposarmi certo, sono ancora piccolino io e poi ho in progetto di rimanere sempre con mamma e papà! Però, credo di poterti confessare che anche io ogni tanto ho paura (diciamo pure sempre) …del buio! E’ inutile! Ho provato, sai, a stare tranquillo…ho provato a non pensare e a fare finta di niente quando la sera la mamma, dopo avermi rimboccato le coperte e dato un bacione sulla fronte, si allontana tranquilla e, prima di socchiudere la porta, allunga la mano verso l’interruttore della luce…In quel momento trattengo sempre il respiro e sento le mie guance scaldarsi improvvisamente; a nulla, però, servono i miei sguardi supplichevoli. La mamma spegne perentoria la luce ripetendo ogni volta che DEVO imparare. Certo mi ha regalato una piccola “apetta” luminosa da tenere sul comodino così che, se mi sveglio durante la notte, non mi spavento troppo!!! L’ape è un piccolo insetto, è vero, però è molto aggressivo e riesce a scacciare tutti i mostri delle tenebre! (E poi, penso che i mostri vivono al buio proprio perché sono codardi…se li vedessimo alla luce diventerebbero piccoli piccoli; come per le ombre che allungano le cose, così il buio rende feroci anche i piccoli mostriciattoli!) Il vero problema, però, è quando non riesco proprio ad addormentarmi e davanti ai miei occhi cominciano ad apparire, comunque, un sacco di ombre nere, strane, minacciose: allora chiudo gli occhi e li tengo stretti stretti, perché se non li vedi i mostri, alla fine finisci per dimenticarteli e non esistono più -------------------------------------
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Beh comunque, tornando alla fiducia, in quei momenti io metto la mia paura nelle mani della mamma, nelle sue labbra che si muovono calme per dirmi che andrà tutto bene, che se avessi bisogno lei ci sarà, che i mostri non esistono: in quell’ esatto momento, mentre ripenso ai suoi occhi, mi convinco di quello che dice, mi tranquillizzo totalmente. Poi, anche se la porta ormai è socchiusa e magari lei già sta dormendo, ripenso a lei, subito chiudo gli occhi e mi ripeto le sue parole…perché la mamma non mi lascerebbe mai in mano ad un mostro! E’impossibile!”
Il pesciolino segue con attenzione i racconti del suo amico, muovendo con alternanza la pinna di qua e di là, quasi per creare un accompagnamento per quella bella storia. Il suo occhio però rimaneva un po’ perplesso…a tratti vitreo direi.
[ Nota dell’autore: sarebbe davvero scorretto in questo momento definire lo sguardo del nostro protagonista utilizzando le poco eleganti espressioni “occhio da pesce lesso”, “occhio da triglia” o addirittura “occhio/volto da baccalà”; il nostro racconto si propone infatti una narrazione equa e rispettosa nei confronti delle varie razze, che siano pesci o meno. Questo tipo di espressioni, inoltre, potrebbero alimentare polemiche e dissidi, per altro già in atto, tra gli abitanti di alcuni laghi situati in zone liminari e secessioniste. L’autore prende, perciò, esplicitamente le distanze da questo tipo di polemiche e scoraggia l’accostamento di questo episodio con altri di ben maggiore rilevanza politica e sociale.]
“ MPAH, MPAH…Paura del buio? Beh posso ben capirlo! Sai, nel mio laghetto non c’era mai completamente buio perché non era abbastanza profondo per avere degli abissi dove il sole non riesca a penetrare; la notte, poi, essendo una zona popolata da molti mammiferi come te, avevano messo delle luci, come delle stelline tenute in alto da tronchi lisci e scuri, che illuminavano tutto intorno. Però se provo ad immaginarmelo questo buio, come lo descrivi tu, mi sa che fa davvero tanta paura!
Comunque, mentre guardavo i tuoi occhi che mi raccontavano la fiducia, mi è venuta in mente un’immagine: sembra una cosa così bella e grande! E’ come se un giorno, nel mio laghetto vedessi dei vermetti splendenti, gustosi pendere dalla superficie dell’acqua… (come ti ho già raccontato il mio papà mi ha istruito perché non cedessi mai a questo tipo di tentazioni) Però, se al di là di quei vermetti non ci fosse un amo brillante ed appuntito, ma un dischetto liscio e senza spigoli, come un piattino per nutrire i pesci di passaggio? Beh questo per me sarebbe l’esempio più grande della fiducia che dai e che, per una volta, non viene tradita!!!
Mi rimane però, devo confessartelo, un dubbio: voi mammiferi, voi che avete inventato tante cose, voi che vi vantate di essere così tanto più intelligenti ed evoluti di tutti gli altri animali, beh voi avete ancora così tanta paura da dovervi stringere forte ad un vostro simile per stare un po’ più tranquilli?! Anche noi pesci abbiamo tanta paura sai? Ti ho detto quanti pericoli ed insidie mettono a repentaglio tutti i giorni la nostra tranquillità?!?! Eppure non abbiamo mai pensato di legarci due a due per stare più tranquilli…Anche perché, come hai detto tu prima, in due non sempre la paura passa, a volte rimane e non se ne va! ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Certo devo ammettere che almeno così state sempre in compagnia! Sicuramente non vi sentirete mai soli! FORSE ---------------------------------------- Però, se ci penso un po’ meglio, devo ammettere che questa cosa del matrimonio non è poi tanto male: se anche i pesci si sposassssssssero (OOps! Scusa tanto per la “S” sibilante da pesce di acqua dolce!), beh allora, almeno ora io non sarei tutto solo, in una chiesa (ovvero nel posto dove, sempre se ho capito bene, voi mammiferi pensate e toccate la vostra debolezza…figuriamoci la mia!!!) , senza neanche l’ombra di una pinna familiare! Senza offesa eh, tu ti stai rivelando un vero amico, ma sai la familiarità della pinna, quella mi manca parecchio!
Comunque, ci deve essere dell’altro sotto! Ci devono essere altri motivi che hanno spinto degli spavaldi come voi, mammiferi “superiori” ( come dite voi!?) ad aver inventato il matrimonio…
Mentre il piccolo Trotsky insiste con le sue riflessioni e con i suoi dubbi, tutto intorno cominciano a sentirsi dei rumori sempre più frequenti: un vociare continuo e concitato accompagna ormai da qualche minuto le riflessioni del pesce, sfociando, di tanto in tanto, in alcuni urletti subito soffocati dal timore reverenziale dovuto alla particolare solennità richiesta dalla “location” della nostra storia.
Se potesse sporgersi oltre il confine trasparente dell’acqua, il nostro amico avrebbe potuto vedere quel luogo diventare in un attimo più leggero, meno serio ma allo stesso tempo ancora più sacro. Vedrebbe il legno scuro delle panche, tutte uguali nella loro fredda geometria, animarsi d’improvviso con il lilla acceso e delicato dei mazzetti poggiati lì con garbo. Sentirebbe il rumore del via vai di passi divenire improvvisamente più cupo e silenzioso, mentre si srotola il pesante tappeto rosso lungo la navata principale. Coglierebbe persino lo sguardo sereno e rilassato del sacerdote, chiamato oggi a ricoprire un ruolo così piacevole.
Infine, ma per questo non sarebbe neppure necessario sporgersi e vedere, sentirebbe una dolce melodia risuonare a tratti, poi seguire un po’ di silenzio, qualche nota solitaria ed ecco ricominciare tutto da capo. Quelle note, così leggere si sarebbero propagate di lì a poco anche nell’acqua del suo stagnetto improvvisato e, creando delle impercettibili vibrazioni, avrebbero colpito con delicatezza il corpicino del pesce, come delle composte, ma calorose carezze.
Non aveva capito ancora niente il piccolo Trotsky, non aveva capito come fosse arrivato sin lì, non aveva capito che cos’era un matrimonio e perché lo facessero, non aveva capito neppure quanto fosse lontana casa sua, il suo laghetto; a volte però una sensazione può arrivare prima di tutto, colpire il tuo cuore, la tua pelle e fulminea comunicarti qualcosa che ancora non sai o che non vuoi riconoscere.
Trotsky infatti sente, non senza una lieve malinconia, che la sua casa, la sua infanzia sono ormai lontane, così come sente che quella cerimonia nasconde di più rispetto alla pedante e proverbiale burocrazia umana[2]; soprattutto, poi, Trotsky sente quelle dolci vibrazioni, quella luce tenue ma calda e persino quelle insistenti voci “mammifere”, sente tutto questo e si lascia coccolare da una sensazione di pace e di serenità. Tutte le sue preoccupazioni, le sue paure per un attimo scompaiono: ma non come scompaiono i pensieri dalla mente di chi non ha memoria, anzi rimangono in un cantuccio e, per un attimo, anche lui può permettersi il lusso di non volerle vedere, perché ci sarà tanto tempo per preoccuparsi, ora ci si può coccolare, anche unicamente per un solo istante!
Questa festa sta già diventando anche un po’ la sua.
“Sai cosa stavo pensando piccolino? Pensavo che hai proprio ragione. Si, quando dici che, a volte, in due non si risolvono i problemi, non si scacciano le paure…beh, mi hai fatto venire in mente una frase che un giorno ha detto lo zio, mentre parlava con papà a tavola. Quel giorno, avevamo invitato gli zii a pranzo, era una domenica e la mamma aveva fatto le sue deliziose lasagne! Era bastato, però, passare dalla prima portata all’arrosto di carne (…o forse eravamo già all’insalata?!Boh…) ed ecco che papà e zio hanno iniziato, come al solito, a parlare di politica: quello che non và, quello che si dovrebbe fare, le tasse che sono sempre troppe, i ricchi sempre troppo pochi, ecc. ecc. ecc. Sai Trotsky, non mi vorrei proprio dilungare su questi argomenti, sono così noiosi!!!
[ E poi devo confessarti che non capisco proprio il perché, pur passando gli anni, papà e zio continuino imperterriti a parlare sempre delle stesse cose….e soprattutto allo stesso modo!!! Potrei raccontarti qui, ora, ogni singola battuta dell’uno e dell’altro! Eh! l’Italia va proprio male…Sarà colpa del governo precedente… La crisi la pagano solo i poveri cittadini…Speculano sul petrolio….Voi vi lamentate ma se foste al governo fareste le stesse cose…siamo un popolo di codardi…[3] Man mano che queste osservazioni si susseguono, poi, il tono delle loro voci diventa sempre più alto e puntualmente la mamma, quando la situazione diventa un po’ noiosa per tutti, corre a prendere il dolce, sperando di riconciliare gli animi con un po’ di zucchero. ]
Dopo il caffè, ad ogni modo, i due hanno ricominciato a parlare di non so cosa (io stavo guardando i cartoni alla tv con il mio cuginetto!)…so solo che ad un certo punto ho sentito lo zio dire che mandare avanti una famiglia è la cosa più difficile che c’è, che ci sono sempre tanti problemi da risolvere e che una persona da sola non avrebbe certo tutte queste grane e queste preoccupazioni.
Quella frase, non so bene il perché, mi è sempre rimasta in testa: il papà e la mamma mi avevano sempre detto che era bello avere una famiglia, che ci si aiutava a vicenda e non si stava mai soli! Ma allora perché lo zio diceva questo? Forse la sua famiglia era diversa dalla mia? Forse lui aveva tanti problemi e non sapeva come risolverli? Non so bene cosa volesse dire, anche perché quel giorno, a dirla tutta, mi sono anche un po’ spaventato e non ho più voluto chiedere nulla né a mamma né a papà. Ora che ci ripenso, però, forse zio voleva dire proprio quello che dici tu: anche se insieme i problemi sono più facili da affrontare perché ci si aiuta, è anche vero che, forse, ci sono più problemi da risolvere! Come a scuola: con i compagni puoi giocare, puoi fare gli scherzi agli altri e ridere insieme, puoi anche chiedere ad un amico di coprirti se non hai fatto i compiti, ma quando poi la maestra si arrabbia perché si fa troppa confusione, anche se tu stai zitto zitto, ti devi beccare pure tu un lungo sermone, le urla e, magari, pure una nota. E poi, prova un po’ a spiegare alla mamma che tu, stavolta, non c’entravi davvero niente!!!
E’ vero, quando stai insieme agli altri, comunque, sai che ci potranno essere dei problemi, delle complicazioni, degli impicci che non potrai evitare. A volte è proprio una scocciatura! Però, se dovessi scegliere…mi sa che preferisco rischiare ogni tanto, ma stare a scuola con i miei compagni. Ci pensi che noia restare tutto il tempo da soli??? Ops! Scusami, mi sa che sono stato poco delicato nei tuoi confronti, povero pesciolino! -------------------------------------
Però hai capito quello che volevo dire no? Quando sono con i miei amici mi diverto tanto, loro mi insegnano tanti giochi che non so, mi raccontano le barzellette e, ogni tanto, mi confidano anche che sono un po’ preoccupati. A me piace tanto starli a sentire perché quello che dicono non è mai proprio uguale a quello che direi io, né a come lo direi io. Mi dà l’impressione che c’è sempre qualcosa di nuovo…che ogni volta mi lasciano un pezzetto piccolo piccolo di loro, così che io posso tenerlo e farlo diventare un pezzettino anche di me, così “condividiamo” noi stessi no? Pure quando sono tristi e mi raccontano tanti problemi, penso sempre che io quei problemi non ce li ho e, se nessuno me li raccontasse o mi ci facesse pensare, allora non li conoscerei proprio e non me li immaginerei neanche. Certo, non è che voglio pensare ai problemi e alle cose tristi di solito! Però magari, quando sono grande, se ce li ho pure io, o magari conosco qualcuno che ce li ha io so già come sono e, quindi, mi fanno meno paura! Diciamo che sono un po’ meno problemi di quello che erano prima. Come ti diceva il tuo papà: se conosci qualcosa, allora non ne hai paura, no? ( Diciamo che ne hai meno paura…meglio!!!)
Insomma, sì, non rinuncerei mai a stare senza i miei amici, neanche se così non avessi più problemi, punizioni dalla mamma o note dalla maestra! ---------------------------- -----------------------
Tu che ne pensi Trotsky? Hai capito un po’ di più di questo benedetto stare insieme??? ”
“ … … … …………………….
…. ….. ….. …………..Oh scusami, stavo pensando a quello che dicevi! Comunque credo che, piano piano, sto capendo un po’ meglio la vostra stranezza “mammifera”. E poi, hai proprio ragione, stare da soli è davvero triste! Certo non è che vorrei sposssssssarmi ( come dite voi!), però devo ammettere che se non fossi arrivato tu, per fare quattro chiacchiere, non so se ce l’avrei fatta a continuare a sguazzare silenzioso in quest’acqua trasparente!!! La solitudine è proprio una brutta sensazione…che poi quando ti si attacca addosso sembra che non se ne và più! Un po’ come la mucillaggine per noi acquatici!
Poi pensavo: tu hai usato una parola un po’ strana … condividere! E’ un po’ strana almeno per me che sono un pesce! Però, pensavo, ha un gran bel suono sai?! CON…DIVIDERE…CON…DIVIDERE……. Senti che bella!!!”
[1] “Paura” = prov. Pavors, paors; franc. Peur; ant. Paour; cat. Pavor………. ….. …… Psss Psss, si dico a voi, a voi che state leggendo! Avete visto quante parole nuove ed antiche per esprimere la paura?! Incredibile eh! Beh, non è certo intenzione dell’autore, né dei nostri eroi inoltrarsi in un’ improvvisata analisi a carattere antropologico e sociale. Certo, urge qui mettere appena in evidenza che, qualora qualcuno lo chiedesse loro, probabilmente noterebbero come ci potrebbe essere una corrispondenza tra un così ampio spiegamento di termini, e la necessità evidente di comunicare un sentimento così imperituro e trasversale. Insomma, forse la paura è sempre stata un’emozione forte e molto presente negli esseri umani!!! Che ne dite?
Questo, certo, verrebbe detto solo se qualcuno lo chiedesse loro…
[2] Urge qui specificare che il pesce suddetto, nonostante abbia trascorso l’intera sua esistenza in un stagno cittadino, pur tuttavia fonti certe testimoniano come comunque abbia avuto l’opportunità di venire a conoscenza della ormai nota “sindrome da compilazione modulo”, caratteristica dei mammiferi superiori e cristallizzata ormai nei secoli. Per un’ulteriore approfondimento del tema si veda “Il mammifero superiore: vizi e virtù dal pescatore al passante” in “Il manuale del pesce contemporaneo”, L’Orca Editore, Genova 1997 (Nuova edizione aggiornata, 2007).
[3] Per coloro che sentissero nascere l’ingiustificato bisogno di approfondire la retorica da “Pranzo domenicale con parenti” ( da distinguersi con grande cautela dalle altre opzioni “pranzo infrasettimanale”/ “pranzo di lavoro”/ “pranzo in trasferta” o addirittura “cena”) potrà vedersi ampliamente soddisfatto nella consultazione di “Proverbi italici. Dalla sapienza popolare al qualunquismo più squallido” , Edizioni Verdi, Predappio 2008
“Era meglio quando era peggio, infatti una volta c’erano, ora non ci son più le mezze stagioni! E allora la gatta frettolosa fa i figli ciechi, mentre quella che va al lardo ci lascia lo zampino. Il lupo perde il pelo (ma non il vizio!), e la gallina, quella giovane, canta perché ha fatto l’uovo: è meglio quello oggi che lei domani! Quella vecchia invece fa buon brodo…e poi non c’è più. Il gallo, poi, quello è un solitario, perché se sono troppi a cantare non si fa giorno. Il cavallo, dopo tutto, continua a campare, se l’erba cresce, e il cane? Ah quello morde sempre lo straccione, chissà il perché! Ma se abbaia non morde di sicuro…almeno spero. I pesci, invece, quelli li prendi facilmente, a patto che non dormi! Ma siamo in Aprile e, si sa…Aprile dolce dormire…e allora sì che pure i pesci sono difficili da prendere. Ma d’altra parte, finché c’è vita c’è speranza, chi non comincia non finisce, chi non risica non rosica…e poi aiutati che Dio t’aiuta.
Ma…c’è il cielo a pecorelle!!! Vado a prendere l’ombrello.”
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