"La gente a tutto è disposta a rinunciare, fuorchè ai propri errori."

(Indro Montanelli)







mercoledì 18 gennaio 2012


PINNA 
D’  INGRANDIMENTO


            Una storia liberamente ispirata ad una vicenda “ quasi vera”….
…almeno quel tanto che basta per risultare incredibile!

Quella mattina c’era qualcosa di strano nell’aria: forse la luce era diversa, magari il vociare più confuso e concitato, i passi affannati rimbombavano nel tepore di quell’inizio di primavera.
Chissà che cosa succederà oggi di speciale?” si domandava un po’ perplesso Trotsky. In fondo, qualsiasi cosa stesse per accadere, sarebbe stata un po’ lontana per lui, destinato com’era a vederla e capirla solo portando il musetto a pelo d’acqua. 
E’ dura la vita del pesce, soprattutto del pesciolino rosso!” ripeteva sempre questa frase il suo papà…se la ricorda ancora Trotsky; e già a quel tempo, quando era ancora un pesciolino talmente piccolo da sembrare trasparente nei riflessi del lago, già da allora si chiedeva come doveva essere la vita del pesce adulto. Mentre cresceva, poi, il papà aveva iniziato a mostrargli i mille pericoli dai quali doveva difendersi: mai avvicinarsi ai pesci più grandi, soprattutto alle vecchie carpe che popolavano quel laghetto. Nonostante all’apparenza sembrino molto simpatiche (con quei baffoni!!!) e pacifiche, meglio non avvicinarsi mai quel tanto che basta da sembrare una facile preda, una soluzione veloce per il pranzo (Fast
Food: mi sembra dicano i mammiferi!!!).


Le alghe poi potevano diventare delle reti strettissime, delle trappole per qualsiasi pesce… e se ancora si è troppo piccoli per saper muovere la coda agilmente beh allora il problema diventa proprio serio!!!

Se c’era un momento, poi, in cui il papà alzava la voce e ti fissava con quegli occhi da trota, accorati e pieni di intensità, allora stava parlando del più grande dei pericoli, della trappola più temuta da ogni pesce, grande o piccolo che sia: l’amo[1].
L’inganno era astuto, diceva papà, il brillio argentato attirerebbe la curiosità di qualunque essere dotato di pinna, ( e probabilmente, si vociferava nel laghetto, anche i mammiferi non restavano certo indifferenti alla lucentezza ) e appena ti avvicini ecco che tutte le tue papille si risvegliano all’odore di qualche vermicello succulento. Qui al lago se ne trovano pochi di vermetti di quel genere, sono considerati proprio una rarità…altro che quelle uova di storione che i mammiferi tanto decantano e che chiamano, con superbia peraltro ingiustificata, “caviale”!
Ad ogni modo il messaggio che ogni bravo papà pesce rosso doveva trasmettere a suoi piccolini era, tanto per dimostrare come tutte le razze si assomiglino un poco, di diffidare dall’apparenza, di rimanere sempre vigili, soprattutto davanti ad un baffo simpatico o all’argento luccicante.

Tutti questi insegnamenti Trotsky li aveva capiti e se li ricordava molto bene…
Solo che continuava a domandarsi a cosa sarebbero potuti servigli ora; ora che non era più in un lago, ora che non c’erano carpe o ami, ora che le uniche presenze che riusciva a scorgere oltre la superficie dell’acqua erano i “mammiferi”, signori e signore che si avvicinavano, allungavano un dito per sfiorare l’acqua e se ne andavano. Nessuno sembrava minaccioso, nessuno tentava di prenderlo, forse nessuno lo aveva ancora visto! Talmente tanta, infatti, era la sua paura, che appena percepiva l’avvicinamento di qualcuno, Trotsky si faceva sottile sottile e si appiccicava alla parete. Qualche istante di “apnea” e poi… tutto tornava sempre come prima. Insomma, si poteva sostenere con discreta sicurezza che questi umani, per qualche strano motivo, sembravano non volergli fare del male.
Come diceva suo papà, però,  “la prudenza non è mai troppa, soprattutto con chi non ha le pinne!”.
Certo un piccolo inconveniente in questo posto c’era, va riconosciuto: niente alghe, né pesciolini minuscoli; con la manutenzione che fanno l’ossigeno non manca mai, ma probabilmente si sono dimenticati il cibo!!! !!! !!! Trotsky era lì ormai da qualche giorno e per ora si arrangiava, ma certo cominciava a domandarsi cosa avrebbe fatto se nessuno gli fosse venuto in soccorso.

                                      ... ... ... ... ... ... ... ... ...continua



[1] L’autore, in questo preciso momento, deve confessare l’irrefrenabile desiderio di comunicare al lettore una sua curiosità personale, probabilmente poco fondata: come mai l’amo, lo strumento attraverso cui i pesci vengono ingannati e pescati, si chiama proprio così. Deve considerarsi una casualità sfortunata la corrispondenza di questo termine con la prima persona singolare presente del verbo “amare”? Oppure esiste un significato più profondo? Rifuggendo, in questa sede, la tentazione ( per la verità poco allettante!) di gettarsi in una ricerca etimologica di qualche rilevanza, si preferisce ora rimanere nel dubbio, sicuramente romantico, di un significato antico e di un’origine lontana.
[ Se a qualcuno fosse tornata alla mente quella corrispondenza di matrice psicoanalitica tra Eros e Tanatos beh allora … …  … ma tutto questo cosa c’entrerebbe poi con i pesci??? Mah! ]

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